QUESTO MESE VI PORTIAMO A CASA FERRUCCIO GIROMINI
di Monica Menozzi.
Ritratto di Stefano Pachì |
Ci teniamo solo ad abbozzare con qualche pennellata un ritratto veloce del personaggio: nato nel 1954 a Genova, dal 1978 Ferruccio Giromini è giornalista specializzato in critica dell'immagine e della comunicazione visiva. Ha esercitato attività di fotografo, illustratore, sceneggiatore, regista televisivo. Come artista, ha esposto sue opere in varie mostre e nel 1980 per la Biennale di Venezia. Come consulente editoriale, dirige collane di libri, cd-rom, video, periodici per diversi editori. Tiene corsi e laboratori per istituzioni scolastiche pubbliche e private, tra cui, più continuativamente, l'Istituto Europeo di Design di Milano. Finora ha curato e presentato oltre quattrocento esposizioni e manifestazioni su illustrazione, fumetto, fotografia, cinema d’animazione, arti visive contemporanee, in Italia e nel mondo, e ha fatto parte di oltre cento giurie, in molti casi in qualità di Presidente. A partire dal 1982 è stato consulente artistico di varie manifestazioni: il Premio Andersen-Baia delle Favole di Sestri Levante, il Festival Internazionale Comics di Atene, il Festival Nuvole parlanti-Fumetto in palcoscenico di Genova, il Mondo Mare Festival in Liguria, il Festival Suq di Genova. Per alcuni anni ha condiviso la direzione della mostra internazionale di cinema d'animazione Cartoombria di Perugia. Dal 2007 è direttore artistico del Premio "Sergio Fedriani" di Genova. Nel 2008/09 ha ideato e diretto il Festival Fantastiche Terre di Portofino in Liguria. Dal 2008 è condirettore del Premio Skiaffino di Camogli. Dal 2012 è membro del Comitato Scientifico del Museo Giuseppe Ugonia di Brisighella (RA).
Qualche domanda a questo punto nasce spontanea… Come fai a fare tutto?
La risposta è semplice: lavoratore ostinatamente autonomo, non ho mai avuto uno stipendio in vita mia e ho sempre dovuto inventarmi il lavoro mese dopo mese, settimana dopo settimana. Se aggiungiamo che la materia della mia professione – la storia e la cultura delle immagini – ha rappresentato la mia principale passione fin dalla più tenera età, forse si capisce meglio la sistematica gaia furia con cui mi ci sono dedicato. Oserei quasi dire che per me lavorare è un piacere, se non temessi che così i miei clienti – come già usano fare fin troppo spesso – ancora di più ritenessero di non pagarmi per le mie prestazioni professionali (che in ogni caso mi costano tempo e persino una certa fatica)…
Parli e traduci testi in ben tre lingue: francese, inglese e spagnolo (al tuo attivo una sfilza impressionante di titoli di traduzioni editoriali)…
Ho avuto la ventura di nascere in un porto di mare storico crogiolo di razze e lingue – Genova – e di crescere in una famiglia molto allargata e multiculturale, il che mi ha trasmesso in modo naturale la curiosità per le differenze così come il gusto del multilinguismo. Perciò non mi è sembrato vero, a un certo punto, potermi dedicare anche a tradurre molti dei miei materiali preferiti (fumetti, libri di umorismo, biografie di artisti…) per molti anni, almeno finché il lavoro del traduttore non è stato deprezzato a tal punto da renderlo umiliante. Oggi le traduzioni editoriali sono pagate talmente poco che non ci si può stupire se poi si trovano stampati strafalcioni inauditi, anche a caratteri cubitali. I poveri giovani traduttori presi per il collo non hanno abbastanza esperienza e non possono essere condannati; ma quanto agli “imprenditori” che vogliono spendere sempre meno non possono essere approvati.
Questa capacità rende del tutto evidente l'ampiezza del tuo interesse e della tua passione: abbracciare a 360 gradi la comunicazione in toto, visiva e linguistica. Ti definirei quindi una personalità dalla spiccata orizzontalità culturale anche se la tua specializzazione è tale che è sicuramente maggiormente verticale ed approfondita in aree predilette: cosa ti dice il cuore? cosa ami di più?
Il cuore mi dice un sacco di cose, perché per fortuna cose ne amo un sacco. Il mio percorso (quanto mai zigzagante!) tra immagini e immaginari lo dimostra: illustrazione, fumetto, fotografia, cinema, cinema d’animazione, grafica, arte moderna e contemporanea, satira e umorismo, avventura, erotismo, fantascienza, miti e leggende, letteratura per l’infanzia… Tu parli dottamente di orizzontalità e di verticalità, io in realtà mi sento più devoto alla diagonalità, o trasversalità se preferisci. Non sono mai stato capace di concentrarmi su una cosa sola, provo un bisogno continuo, direi sensuale, di variare il mio punto di osservazione, la mia posizione di tiro. Mi pare che la freschezza di prospettiva giovi alla nitidezza del pensiero. Diffido un po’ dei superesperti di un argomento solo, mi sembrano troppo immobili. Essendo fondamentalmente un irrequieto, ho sempre evitato di connotarmi come partecipante di una squadra esclusiva, come adepto di una qualsiasi religione. Mi sento un anarchico, nel bene e nel male. Però almeno mi prendo le mie responsabilità e non le scarico su qualcosa d’impersonale al di fuori di me. Non rinnego nulla di quanto ho affrontato nella mia abbastanza avventurosa carriera: se anche non tutto è stato alla stessa altezza, ovviamente, tutto però ha avuto per me un senso e un’utilità. E alla fine sono soddisfatto della mia allegra confusione.
Hai spesso collaborato con l'Associazione Illustratori, quest'anno hai curato anche la biografia relativa a Manuela Bertoli all'interno dell'Annual degli Illustratori Italiani a lei dedicato. Durante tutti questi anni hai conosciuto moltissimi autori di immagini e hai potuto vedere l'evoluzione della scena professionale e della consapevolezza deontologica della categoria: noti progressi?
Ho seguito con entusiasmo e affetto tutta la storia dell’Associazione Illustratori fin dalla sua gestazione prenatale (già presente, ancora come autore, nel pionieristico annual “Illustratori Italiani” curato dal Quadragono di Mario Vigiak nel 1978, ho partecipato alle Giurie per le selezioni degli Annual AI 1994 e 2006, e nel 1997 qualcuno mi fece pure Socio Onorario!), anche perché ho sempre avuto grandi amici tra gli illustratori e i fumettisti. Ho vissuto l’impagabile piacere di conoscere da vicino, frequentare, instaurare rapporti amicali e condividere esperienze, anche extraprofessionali, con molti dei miei “miti” giovanili del settore. Per parlare solo degli scomparsi, posso vantare in lista Hugo Pratt, Dino Battaglia, Sergio Toppi, Guido Crepax, Lele Luzzati, Karel Thole, Štěpán Zavřel, Roland Topor, Jean Giraud Moebius, Jean-Michel Folon, Giorgio Cavallo, Benito Jacovitti, Giovan Battista Carpi, Giovanni Gandini, Marcelo Ravoni, Carlos Trillo, Sergio Bonelli… Mi sento un miracolato nella storia dell’immagine del Novecento, sul serio. Queste persone, e tante altre che ho la gioia di bazzicare tuttora, mi hanno aiutato a svariare le mie capacità di osservazione del mondo, non solo da differenti punti di vista estetici ma anche umani, etici. Non posso sopportare l’idea di “vedere” la realtà – e l’immaginazione! – in un solo modo. La varietà di sguardo, che è all’origine della “sorpresa”, è per me il sale della vita. È anche per questo che continuo a frequentare artisti visivi, tra cui naturalmente tanti iscritti all’Associazione Illustratori: perché con le loro rispettive fantasie rendono la mia vita migliore, e di ciò li ringrazio qui cumulativamente e pubblicamente. Se noto progressi? Negli ultimi anni, forzato dalla realtà, nonostante i cambiamenti evidenti ho smesso di credere nell’idea del progresso; però credo fermamente nella forza vitale del mutamento perenne. Ogni momento storico ha le sue specificità, frutto delle precedenti e germoglio delle successive. Il mio metodo (epicureo) è alternativamente tornare ad assaporare i frutti maturi e andare a cercare di assaggiare quelli ancora acerbi ma promettenti. Insomma, non mi nego nulla: trovo il buono tra i più anziani così come tra i più giovani. Le difficoltà di sopravvivenza ci sono, certo, ma difficoltà ci sono sempre state per ogni generazione. E c’è anche sempre chi riesce a cavarsela egregiamente malgrado tutto…
Raccontaci le novità più importanti e parlaci del lavoro che hai concretizzato in quest'ultimo periodo: siamo curiosi!
Gli ultimi tempi sono stati per me abbastanza penosi: a forza di “guardare”, mi sono rovinato gli occhi. Sul serio. Ho messo i primi occhiali all’età di quattro anni (già leggevo…) e da allora non ho fatto che usurare la mia vista. In questi anni ho subìto diversi distacchi recidivi di retina e di coroide, con conseguenti interventi e ricadute, in lunga catena. Il 2012, in particolare, è stato il peggiore. Ora sono in una situazione di stallo e spero di restarci ancora un bel po’. Comunque ciò ha reso il mio mestiere più difficile del solito, come si può immaginare. Per questo sono stato particolarmente contento di riuscire negli ultimi mesi, pur tra un ricovero e un’operazione e una convalescenza, a portare a termine diversi lavori che considero di qualche valore. In parte si tratta di testimonianze personali, come le introduzioni, basate su miei diretti ricordi di vita e amicizia, ai volumi “Hugo Pratt, Le lezioni perdute” di Laura Scarpa, “Conversazioni con Lele” (Luzzati) di Giorgio Macario e “Il mio doppio io” autobiografia di Jean Giraud Moebius (in una nuova bella edizione, con mia traduzione). Un altro risultato di cui vado piuttosto fiero è “Mono Baseman”, monografia bilingue inglese-italiana sull’opera dell’artista statunitense Gary Baseman, che segue le due analoghe precedenti su Shout (il nostro Alessandro Gottardo) e l’indiano-canadese Gary Taxali, tutte realizzate per la raffinata casa editrice 279 di Franco Cervi e tutte molto apprezzate soprattutto all’estero (guarda tu che strano, eh?). C’è stata poi una gradita piccola collaborazione al volumone enciclopedico Rizzoli “Fumetto! 150 anni di storie italiane” e, al solito, tante presentazioni per cataloghi di mostre, tra le quali voglio ricordare almeno “Tracce dall’immaginario illustrato” curata a Massa dall’amico Giulio Peranzoni (ex Presidente dell’AI). E infine, ma non per ultima, accanto alla didattica resta l’altra mia assidua attività per concorsi dedicati ai giovani, a cui tengo molto, perché mi dà la possibilità di aggiornarmi sulle tendenze più contemporanee e insieme di poter distribuire qualche incoraggiamento mirato. Insomma il succo di tutto questo mio operare, credo, sta nel fatto che mi piace far conoscere ad altri e condividere quel che piace a me. E a me piacciono le belle immagini, intelligenti e sorprendenti. Amici illustratori: continuate e sfornarne e mi farete felice!